Il quartiere di Grbavica, a maggioranza serba era la punta più avanzata del fronte all’interno di Sarajevo, dove solamente i pochi metri del fiume Milijacka dividevano le linee. Vi fu tentato più e più volte lo sfondamento definitivo, sempre respinto. Qui l’assedio iniziò ed ebbe termine. Il quartiere fu riconsegnato alla città solamente nel marzo 1996 quando nei giorni appena precedenti venne abbandonato in massa dai serbi e presidiato dai soldati italiani. Ma prima dello sgombero gli appartamenti furono completamente ripuliti estirpando anche i fili elettrici ed i sanitari. Infine, vennero dati alle fiamme.
Via Topal Osman Paše. Ingresso dal Bulevard. La facciata sud del palazzo di destra (Loris) è crivellata di proiettili e totalmente distrutta. In fondo oltre lo stadio dello Željezničar vi sono le colline del quartiere di Vraca,da dove le artiglierie di Mladić martellavano la città. Topal Osman Pascià fu Governatore della Bosnia nel XIX secolo. Costruì strade, scuole ed ospedali e permise a Cattolici ed Ortodossi di edificare liberamente i propri luoghi di culto
A lato del marciapiede la striscia di cartene raccomanda di non procedere oltre. Nonostante la bonifica sia stata prontamente iniziata, il flagello delle mine inesplose a distanza di anni si presenta ancora come un grave problema. Più nelle campagne che nei centri urbani. Convenzioni internazionali obbligherebbero a mappare ogni campo minato e la posizione degli ordigni, per procedere poi, una volta terminate le ostilità ad un immediato sminamento.
Il Ponte di Vrbanja rimase chiuso lungo tutto l’assedio per sigillare il quartiere di Grbavica, ed era costantemente sotto il tiro dei cecchini. Veniva aperto solo per scambi di prigionieri. In eccezionali occasioni, dopo lunghe trattative e consegna di lasciapassare, venne consentito il transito a civili per brevi visite a parenti rimasti nel quartiere.
In fondo le rovine della fabbrica di Tabacco. Le sigarette di Sarajevo erano le “Drina”; e funzionavano anche da moneta corrente, insieme a caffè ed alcool. Era difficile trovare, anche prima della guerra, qualcuno che non fosse un accanito fumatore. Il palazzo bianco è l’Ospedale dell’Esercito.
Ponte di Vrbanja. Uno dei più sanguinosi luoghi di Sarajevo. Prima della guerra era nominato Ponte dell’Unità e della Fratellanza (Bratstva i Jedinstva). Oggi si chiama Ponte Suada Dilberović ed Olga Susić; le prime vittime di Sarajevo. Inizialmente la prima vittima fu sempre considerata Suada Dilberović (come recita l'antica targa) ed in effetti così è, ma in seguito si decise di considerare come tale anche la Bosniaka Olga Susić, nata nel 1958. Anche lei comunque cadde sul ponte solo l'attimo successivo ed a ragione, può essere considerata la prima vittima Bosniaka dell'assedio. Suada, nata nel 1968, era una studentessa iscritta alla Facoltà di Medicina ed era Croata di Dubrovnik. La scritta sulla targa recita: Kap moje krvi potece i Bosna ne presusi Una goccia del mio sangue scorre e la Bosnia non inaridirà.
L’appostamento dei cecchini di Grbavica. Vista dall’interno dell’appartamento
Vista dalla finestra dell’appartamento immediatamente sopra alla postazione. Si può apprezzare il favorevole campo visivo di uno dei più famigerati appostamenti di cecchini di Sarajevo
La facciata di uno palazzo, crivellata dai colpi.
Il cimitero Ebraico Sefardico (in alto) visto da Grbavica. Fu istituito nel 1630 e non è più attivo dalla II Guerra Mondiale. Posto sulla linea del fronte è stato devastato e minato. Anche da qui partirono i primi spari sulla manifestazione d’aprile.
Stadio dello Željezničar (Ferroviere), la seconda squadra della città chiamata popolarmente “Željo”; Fu campione di Jugoslavia nel 1971-1972 e semifinalista sconfitta in coppa UEFA nel 1984-1985. Si racconta che quando perse con gli ungheresi del Videoton (poi sconfitti in finale dal Real Madrid) pianse tutta la Jugoslavia. In questo stadio hanno giocato Haris Škoro (1988-1991 Torino + nazionale Jugoslavo) e Mario Stanić (1996-2000 Parma + nazionale Jugoslavo e Croato). Lo Željo era seguto da una tifoseria "popolare e proletaria", a differenza dei più nobili e titolati cugini della FC Sarajevo.
Impronta di granata sul marciapiede
Il palazzo Loris da Via Zvornička
Grbavica apartmani. Le Torri di Grbavica
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Nido di cecchini in un palazzo all’interno del quartiere di Grbavica. La feritoia indica l’appostamento.
I grattacieli UNIS di Marijn Dvor visti dalla Scuola Media di Grbavica.
Anche i cecchini dovevano tenersi in allenamento. L’arma principale utilizzata era l’M76 Zastava, semiautomatico con una gittata di oltre 800 metri. Con una tale portata, nessuno in città poteva considerarsi al sicuro. Vi erano persone non coinvolte nel conflitto che raggiungevano le colline intorno Sarajevo come in un safari per partecipare autonomamente alla caccia, tra questi anche dei campioni di tiro. Lo scrittore russo Eduard Limonov si recò a Pale per incontrare Karadzić e questi, in segno di buona accoglienza, gli offrì di sparare alcuni colpi verso la città con una mitragliatrice Browning. L’episodio è registrato nel documentario del 1992 “Serbian Epics” (di Pawlikowski e Stojanovic). Si vedono i due confabulare dalle colline di Vraca con sullo sfondo l’Holiday Inn.
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ALIPASINO, MOJMILO - BULEVARD - CIMITERI - CULTO - DOBRINJA - DOPOGUERRA - GRBAVICA - HRASNO - KOSEVO -
KOBILJA GLAVA - MARIJN DVOR - MILJACKA - PARCHI, GIARDINI - STARI GRAD - TRANZIT - TRIO - VOLTI, SGUARDI
GRBAVICA ED IL PONTE DI VRBANJA
II 23 marzo 1994, il ponte della Fratellanza e dell'Unita, che conduce al quartiere occupato di Grbavica viene aperto al transito dei civili, ma solo vecchi, donne e bambini. Chi ottiene la legittimazione ad attraversarlo può, per sole 24 ore, passare dall'altra parte per andare a trovare i parenti piu stretti, dei quali non ha più notizie da oramai due anni.
I primi civili, iniziano ad attraversare il ponte e raggiungono la riva sinistra della Miljacka
Testimonianza di Jagoda
La mattina del 23 marzo sono uscita dalla mia casa nella Città Vecchia, per andare a Grbavica con la mia bambina di tre mesi a trovare la madre di mio marito. Ho attraversato il ponte senza problemi. Quando sono arrivata al checkpoint serbo, la polizia mi ha chiesto chi sono, ed io ho risposto dicendo che sono montenegrina, e loro
- Non ci sono montenegrini a Grbavica, ma solo serbi-
- Non voglio offendere nessuno, ma io, sono montenegrina e vengo a visitare mia suocera
- La carta d'identità rimane con me, tu farai un colloquio informativo.-
Mi ha ricevuto un ufficiale, ma con un atteggiamento corretto, non mi ha offesa, mi ha solo chiesto come mi sento a vivere con i musulmani. Ho risposto che sto bene e che non ho nessun problema.
- Vorrebbe vivere qui con noi a Grbavica?- - No, non vorrei mai vivere a Grbavica.-
- Cosa fa suo marito? E' arruolato? E' mai stato sulla linea del fronte? E' vero che i serbi non hanno l'obbligo di andare nell'esercito ed è sufficiente che dicano che non vogliono sparare?-
- No, non è vero, sono partiti come tutti quelli che hanno ricevuto la chiamata alle armi -
- Che cosa pensa la gente dall'altra parte?- - Vogliamo la pace, e vivere insieme-
- Come potremmo vivere insieme, se i musulmani ci ammazzeranno tutti?-
- Non e vero, ammazzerebbero solo i cetnici,-
L'ufficiale taceva, io ero sorpresa di quell'interrogatorio, perché nella parte della città dove abito nessuno fa interrogatori del genere. Mi sentivo a disagio e il suo silenzio mi faceva paura. Poi mi ha fatta uscire da quella stanza e mi ha condotto in un'altra, dove c'erano dei veri cetnici; erano impressionanti, con la barba e i capelli lunghi. Ero terrorizzata. Uno di loro mi chiese,
- Arriveranno anche qui i tuoi turchi?- - Non ci sono turchi a Sarajevo.-
- E i mudzajdin, dove sono i mudzajdin?- - Non ci sono mudzajdin a Sarajevo.-
- Dove lavora tuo marito?- - Gliel'ho detto e loro... -- Lo bruceremo quel palazzo.-
Poi finalmente mi hanno fatta uscire. In strada c'erano pochissime persone, solo qualche miliziano e i cetnici. La gente non cammina molto per la strada a Grbavica, anche se non si spara più. La gente comune continua ad avere paura, c'è poco da mangiare, come da noi, il mercato chiude a mezzogiorno, negozi aperti ce ne sono pochi. Mia suocera è stata felice di vedere la bambina. Quando ci siamo lasciate, il giorno dopo, le ho augurato buona fortuna, - Hai ragione - mi ha risposto - Ne occorre più a noi di fortuna che a te-
Attraversando il ponte, salutavo e piangevo e anche lei. Ho deciso di non tornare mai più a Grbavica perché, nonostante io sia montenegrina, ho terrore dei cetnici. Abito nella città vecchia e non ho nessun problema. Non passero mai più il ponte, finche ci sarà quella gente
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