La Ferrovia AFA  parte 1
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PORTO SAN GIORGIO  -  FERMO/SANTA LUCIA

DA PORTO SAN GIORGIO
AL CASELLO DI CASTIGLIONE
[Lunghezza mt. 5.595 - Dislivello mt. 106 - Percorrenza 20 min.]  
[Prezzo tratta (Anni ’40) £1.50 – £5.00 Fermo, £16.50 Amandola, (£1 = € 0.50)]
Dopo la partenza dal capolinea ed appena superata la stazione di "Porto San Giorgio transito" il tracciato ferroviario iniziava la sua lenta ascesa verso Fermo che lo portava a superare un dislivello di oltre 200 metri. La tortuosità del percorso e le impegnative pendenze facevano si che i primi convogli a vapore impiegassero ben 27 minuti [orario 1914] per percorrere gli appena 6 km della tratta marciando ad una media di 22 kmh. La successiva elettrificazione alla fine degli anni '20, ed i miglioramenti tecnici ridussero drasticamente tale percorrenza a 13 minuti [orario 1930 e 1942]. In questo primo spezzone di tratta sono ancora presenti due dei tre caselli esistenti all’epoca. I primi due erano posti a presidio di attraversamenti (sulla SS16 e lungo la Castiglionese) ed il terzo, il casello di Castiglione, fungeva solamente da fermata. Tutti e tre erano segnalati (come fermate facoltative) nell'orario del "Tronchetto" P.S.Giorgio - Fermo mentre l'orario per Amandola riportava solamente la fermata di Castiglione. L'autostrada A14 oggi tronca il tracciato nella sua parte iniziale, nei pressi del palasport, mentre il casello n.2 è scomparso a causa della rettificazione di una curva ad S ed il casello n.3 di Castiglione è totalmente in rovina. Il casello n.1 all'incrocio con la SS16 è stato invece restaurato ma nulla rimane della sua struttura originale. Vi è ancora un muro di sostegno poco prima del palasport e del casello di Castiglione ed i resti di vari terrapieni all'interno della zona industriale di Porto San Giorgio.

Stazione di Porto San Giorgio

[0,602 Km - 5,63 mt slm]

La stazione, situata circa 500 mt. a sud dell'attuale stazione FS ed oggi compresa tra l’attuale linea FS e via Repubblica, non era il reale capolinea ad est della ferrovia. Essa era ufficialmente denominata come “Porto San Giorgio–Transito”, e neppure compariva all’interno degli orari ufficiali. In effetti il tracciato ferroviario vero e proprio – per favorire l’interscambio con la stazione delle Ferrovie Meridionali - iniziava presso quella che oggi è piazza Marina; si deduce ciò sia dalla carta topografica, sia dal chilometraggio progressivo che pone la detta stazione al Km 0.602 del tracciato. Vi sono infatti degli orari che riportano solamente “Porto San Giorgio Marina” ed, a seguire, la successiva fermata (facoltativa) del “Casello n.1”. Lungo queste prime centinaia di metri la linea correva all’interno della sede stradale utilizzando il cosiddetto binario a “controrotaia” come accade per le linee tranviarie e gli attraversamenti posti in corrispondenza dei passaggi a livello; praticamente la stessa situazione che si ritrovava per il tronco tramviario che raggiungeva il centro storico di Fermo dalla diramazione presso la “fermata Cimitero”. Inizialmente era previsto, razionalmente, che il binario fosse contiguo quello della linea Adriatica ponendolo all'interno dell'area della stazione. Ma le ferrovie obiettarono che dovendosi al più presto effettuare il raddoppio della linea Ancona - Pescara, l'area della stazione era già impegnata dal nuovo fascio di binari (il raddoppio in effetti ci fu ma, solamente negli anni '50 !!!).


La stazione si sviluppava su due piani poiché di I classe, così come quelle di Fermo ed Amandola,ed aveva a fianco il magazzino merci che balza subito all'occhio poiché di colorazione differente avente un tono più scuro. Al magazzino si poteva accedere anche internamente alla stazione salendo alcuni gradini poiché il suo piano era sopraelevato all'altezza del pianale dei carri.

Casello n.1
Al termine del piazzale una curva conduceva il tracciato verso la strada statale: il treno procedeva su di un leggero rilevato, parallelo all'attuale via Cefalonia, lungo l’attuale via I Maggio. La forma dell'incrocio, oggi una rotonda ma per lungo tempo a 4 corsie, testimonia l'antica presenza della linea ferroviaria che transitava lungo l'ingresso sud, in direzione del casello n.1. Alcuni documenti rivelano che, in fase di progetto, vi furono pressanti richieste affinché tale casello venisse tramutato nella “Stazione di Torre di Palme”. A quei tempi infatti l'attraversamento era identificato come "passaggio a livello lungo la strada Porto San Giorgio - Torre di Palme". Ancora nel secondo dopoguerra, tale fermata era utilizzata dai bagnanti i quali, invece che al centro, scendevano in spiaggia presso “le Canossiane”. Il casello, oggi restaurato e rimaneggiato, ha perso totalmente le sue originali fattezze: è stato infatti privato della scala esterna e sopraelevato, modificandone il tetto. Se volessimo vederlo come originariamente era, dovremmo confrontarlo con il casello-fermata Girola situato presso la frazione Capparuccia. Altri restauri sono stati effettuati effettuati sulle stazioni di Monturano, Montegiorgio, e Montefalcone. Segnata invece la sorte delle stazioni di Monte San Martino e Magliano. La prima, una volta acquistata venne completamente rasa al suolo, mentre la seconda fu totalmente stravolta nella sua architettura originale e trasformata in una villetta; il confronto con la stazione di Belmonte, che aveva la stessa struttura, rende l'idea di quanto detto. Oramai ci siamo lasciati alle spalle la fermata (facoltativa) del “Casello n.1” che veniva raggiunto in 5 minuti [orario 1930 e 1942] con la trazione elettrica, mentre la corsa discendente copriva lo stesso tratto in soli 3 minuti. Iniziamo quindi a salire lentamente verso Fermo.

Palasport
L'ascesa ci porterà, dopo poco più di 10 km, fino alla quota di 217 mt che è quella a cui è posta la stazione di Santa Lucia. Il tracciato, che ha piegato a sinistra, puntando verso sud, corre per un tratto parallelamente alla statale, prima lungo l’attuale via Giochi Olimpici, ed in seguito, l’incrocio con via Santa Vittoria (la strada che sale verso il palasport), lungo quella che oggi è una breve pista ciclabile. Al termine vi è un’altra curva per realizzare la quale si è dovuto effettuare lo sbancamento di parte di una collina creando una piccola trincea. Tutto ciò è testimoniato dalla presenza del muro di sostegno. Superata la curva si giunge in vista del palasport.

A14
Dopo un breve tratto di quella che è l'attuale strada che conduce al palasport si entra in un sentiero e, dopo circa 100 mt si incontra la recinzione dell'autostrada. E' questo il primo ostacolo invalicabile che incontreremo lungo il tracciato. Questi, in verità, non saranno numerosi, come si potrebbe essere portati a pensare; è stato infatti possibile percorrere, più o meno comodamente, l'intera tratta Porto San Giorgio-Amandola e raramente si è reso necessario abbandonare il tracciato per aggirare edifici, recinzioni e/o affini che oggi sorgono proprio in posto ad esso. Da questa considerazione dobbiamo escludere ovviamente i ponti i quali, per buona parte, sono troncati ad uno od entrambi gli estremi. Anch'essi sono tra i manufatti numericamente più presenti e ben conservati. All'appello ne mancano -per totale distruzione- solamente sei e precisamente i seguenti: viadotto Madonna del Ferro, ponte sul Tenna presso Grottazzolina, ponte sul fosso Castagneto presso Querciabella, ponte sul fosso Valentella, e sul fosso Valle Cupa dopo la fermata di Parapina (tra Servigliano e S Vittoria) ed, infine, il ponte sul Tenna alle porte di Amandola. Sono poi numerose le tubazioni che sottopassavano il tracciato drenando dei fossi minori e per i quali era inutile costruire dei ponti propriamente detti; tali opere minori possono essere censite seguendo il percorso tramite la carta topografica IGM con il rilievo originale del 1950. Detta carta è stata lo strumento fondamentale per poter mappare l'intero percorso ferroviario; utilizzandola è stato possibile rinvenire tratti di linea oggi difficilmente individuabili a causa della mutata, se non stravolta, morfologia del territorio. La presenza di fossi, sentieri oggi divenuti strade, resti di edifici del tempo sono stati precisi punti di riferimento per poter individuare lo svolgersi del tracciato ferroviario, tenendo presente anche che moltissimi tratti del percorso sono oggi mutati in sentieri, stradine oppure strade asfaltate di traffico. Dovendo una ferrovia, per le sue caratteristiche peculiari, impegnare tracciati di ampio raggio e basse acclività, non appena essa venne dismessa si ritenne utile ed intelligente utilizzarla come strada di transito, forse più lunga ma sicuramente più comoda, almeno per le zone orograficamente più problematiche. Il binario vero e proprio misurava poco meno di un metro ma la sezione di competenza ferroviaria che comprendeva tutte le opere accessorie: massicciata, muretti, cordoli, recinzioni, siepi, ecc.., doveva, in alcuni tratti, arrivare a misurare anche intorno ad alcuni metri. Questa foto visualizza assai bene ciò: la traccia del terreno lavorato, infatti, ancora oggi lascia intatta l’area del tracciato ferroviario. Molte porzioni del tracciato sono ancora oggi di proprietà AFA e, periodicamente, si possono osservare dei bandi che mettono all'asta dette particelle catastali che ammontano, in verità, ad alcuni metri quadrati di terreno del valore di poche centinaia di Euro ciascuna.

Zona Industriale

E' necessario dunque utilizzare il vicino cavalcavia per scavalcare l'A14, raggiungendone la parte opposta in corrispondenza di una casa; avanziamo verso l'incrocio con il cavalcavia da dove,con un’ampia curva saliamo verso quella che oggi è la zona industriale di Porto San Giorgio. Il tracciato si snoda ben visibile attraverso la campagna, addossandosi alle basse colline e conservando in parte i resti di quelli che erano i vecchi rilevati. Il primo tratto, che fiancheggia brevemente l’A14, è ormai ingombro di vegetazione e sterpaglie che impediscono di inoltrarvisi comodamente. Queste macchie, che troveremo molto frequentemente lungo il percorso, saranno molto utili per individuare il tracciato, sia in lontananza che osservando da vicino; altri indizi sono dati dalle acacie, dai pali elettrici e telefonici. Qui è assai più comodo e conveniente seguire il tracciato a vista, attraversando liberamente la campagna, riportandosi poi sul percorso nei pressi della zona industriale che abbiamo proprio di fronte.


Il cammino torna a farsi agevole e, sulla destra, a monte, notiamo una piccola scarpata: si tratta del rilevato al di sopra del quale correva la ferrovia. Al suo piede c’è un piccolo sentiero che potrebbe ingannare facendo pensare che sia questa la sede ferroviaria, ma osservando attentamente la carta topografica si osserva la presenza del gradino che lentamente digrada fino a raggiungere il successivo incrocio che è quello posto al termine di via Medi, proprio al confine tra Fermo e Porto San Giorgio. Il tracciato prosegue ed è ben identificabile nel tratto erboso che corre a lato della strada bianca che termina tra le case più avanti, salendo con una lunga S verso l'incrocio con la Castiglionese.

Laghetti

Oltrepassato l’incrocio, dopo pochi metri si incontra, sempre alla destra della strada, una sbarra, oltrepassata la quale si procede fino a trovarci al limite di un campo. Il tracciato procede rettilineo di fronte a noi, puntando ad incrociare la strada alla nostra destra, individuata da alcuni cipressi. Da qui abbiamo una bella visuale dell'ampia curva compiuta dal tracciato, realizzata per portarsi all'incrocio con la Castiglionese (che si trova alla nostra sinistra).

La salita poi continua, costeggiando dal basso la provinciale, lungo il versante sinistro del fosso delle Moje. Lungo quest’ampia curva il tracciato si mostra nitidamente ed è ancora ben individuabile il gradino che rende possibile seguirlo a vista attraverso la campagna. Esso è ancora più facilmente visibile dalla Castiglionese nel tratto compreso tra la centrale elettrica e l’inizio dell’ultima discesa.

Attraversato il campo, incrociata e scavalcata la strada bianca, si inizia la risalita del successivo versante a mezza costa puntando verso l'incrocio con la provinciale; qui il tracciato è completamente cancellato dall'aratura e lo si può solamente intuire. Si sale liberamente attraverso il campo puntando, in alto sulla destra, una macchia che nasconde una piccola trincea; usciti da questa ci troviamo all'incrocio con la Castiglionese.

Qui la situazione, secondo quanto riportato dalla carta topografica, doveva essere molto diversa dall’attuale. In corrispondenza dell’odierna sede stradale, anzi proprio in mezzo, era il casello n.2 (anche questa una fermata facoltativa), posto a presidio dell’attraversamento. Esso era aggirato dalla strada che compiva un'ampia “S” entrando nel vicino campo ed affiancando il tracciato prima a sinistra e poi a destra. Una volta dismessa la ferrovia si è ritenuto, ovviamente, opportuno eliminare questa pericolosa “chicane” e rettificare il tratto di strada perdendo così questo manufatto di cui oggi non resta alcuna traccia. L’orario ufficiale [1930 e 1942] segnalava 11’ per raggiungere questa fermata dal capolinea di Porto San Giorgio. (10 minuti per la corsa discendente). Il tracciato scavalca quindi la Castiglionese, alla quota di 89 metri slm, portandosi sul versante sinistro del fosso delle Moje, e procede verso la successiva fermata, anch’essa facoltativa, del casello di Castiglione.

Castiglionese

Il tracciato procede alla destra degli attuali silos, all’epoca assenti, seguendo non l'attuale strada che scende con una ripidità non consona ad un tracciato ferroviario, ma, quasi certamente, mantenendosi a mezz'altezza proprio a fianco della Castiglionese. Anche qui la topografia originaria sembra essere assai mutata; probabilmente sono stati effettuati degli sbancamenti nel momento in cui vennero edificati i silos.

Da qui si ritrova l’originale sede ferroviaria, oggi sentiero, che entra nella macchia; percorrendola, si può avere l’impressione di procedere in piano fino al successivo casello, in verità, una volta raggiunto saremo saliti di altri 23 mt fino alla quota di 112 mt.slm.

  Il sentiero ci allontana dalla strada che procede alta alla nostra destra; mentre avanziamo, dal terreno emergono i resti di un muro di sostegno; siamo ormai in vista del Casello n. 3 di Castiglione, inizialmente fermata facoltativa ma successivamente stazione di precedenza a cui si aggiunse un binario di manovra.. Abbiamo percorso ormai metà della tratta da Porto San Giorgio a Fermo.

Casello - Fermata di Castiglione
[5,595 Km - 112 mt slm]

Procedendo per un altro centinaio di metri ci troviamo di fronte al casello di Castiglione, ormai ridotto ad un rudere ricoperto dalla vegetazione, con al suo fianco il pozzo. La struttura è a due piani, con la scala interna e la cucina con il camino al piano terra; il tetto è crollato ed anche il camino è stato sradicato dal muro. Altri caselli simili sono il casello lungo via Respighi (fermata Cimitero), posto alla biforcazione del tronco tranviario che saliva per Fermo città ed il casello di Marnacchia tra la stazione di Montefalcone ed il capolinea di Amandola. Il casello non è facilmente individuabile poiché non visibile dalla strada sovrastante. Procedendo verso Porto San Giorgio bisogna scendere lungo il versante presso una casa di recente costruzione al di sopra di una diroccata, poche centinaia di metri dopo il bivio per “Monte Cacciù”, oppure risalire lungo il comodo sentiero che, più in basso, parte a fianco dei silos.

Il casello si raggiunge in breve tempo, mentre i minuti che si impiegavano nel 1914 per raggiungerlo dal capolinea di Porto San Giorgio con la trazione a vapore erano 20; l’avvento della trifase invece ridusse drasticamente la tabella di marcia che segnava solamente 13’ per coprire questi 6 km di strada ferrata facendo balzare la media da 18 a 28 kmh. E’ storia risaputa e tramandata sino alla noia, quella che narra dei ragazzi attestati sul primo vagone, i quali in questi ripidi tratti, scendevano al volo, depredando le vicine vigne mentre il treno li sfilava lento e sbuffante, riuscendo a balzare infine sui predellini dell’ultima carrozza (ed i vagoni, solitamente, non erano molti). Ultima carrozza che è ben noto fosse, nel periodo scolastico, ad esclusivo appannaggio degli studenti e, all’interno di essa venissero delimitate ulteriori zone riservate ai diversi istituti (licei classico e scientifico, ITI ecc…). All'attivazione del "Tronchetto" il Casello fu abilitato come stazione di Precedenza ed al semplice binario di corsa venne affiancato il binario di stazionamento. Ciò poichè nella tratta Porto San Giorgio - Fermo (lunga oltre 10 km) venivano quasi a raddoppiarsi le corse (Convogli diretti al Capolinea di Largo Calzecchi + convogli diretti in Amandola).

DAL CASELLO DI CASTIGLIONE A FERMO

[Lunghezza mt. 4.718 - Dislivello mt. 105,93 - Percorrenza 20 min.]  
[Prezzo tratta £1.50 – £1.50 PSGiorgio, £15.00 Amandola]

Oltrepassato il casello di Castiglione il tracciato procede ancora a mezza costa lungo il versante sinistro del fosso delle Moje, iniziando nel contempo ad avvicinarsi lentamente alla Castiglionese fino a scavalcarla all'altezza della caserma VVFF. Qui si porta sul versante destro del Rio Petronilla e, successivamente con una lunga curva a 90° si pone parallelo all’attuale via dei Mille e perpendicolare a viale Trento che sottopassa con un breve tunnel (prima opera d'arte di tutta la linea, ripulito e reso transitabile nell'estate 2005). Qui si cambia ancora versante portandosi sul quello destro del fosso Valloscura.. Oltrepassato il casello n.4 (fermata Cimitero) posto a presidio della diramazione tramviaria che penetrava verso il centro storico, si procede al di sotto di via Bellesi, verso la stazione di Santa Lucia. Anche se da via Marsala la pendenza fino alla stazione di S. Lucia è minima, mediamente questo tratto, insieme alla salita dalla stazione di Monturano è tra i più acclivi dell’intero percorso: il dislivello supera i 100 metri e la pendenza è oltre il 22 x 1000. Il tempo di percorrenza era di 22 minuti a vapore [1915] ed appena 10’ con la trazione elettrica [1930 e 1942], mentre il casello-diramazione (fermata Cimitero) si raggiungeva in metà tempo
(5’).

Castiglionese

A questo punto ci troviamo nuovamente di fronte ad un campo in cui l'aratura ha completamente cancellato qualsiasi testimonianza del tracciato; esso si può solo intuire dalle ondulazioni del terreno. In questo tratto, secondo la topografia, dovevano esservi terrapieni e muri di sostegno. Il percorso lo individuiamo nuovamente poco avanti, in corrispondenza di una piccola macchia. Attraversato il campo si entra nella macchia e si ritrova il tracciato come nella sua originalità: il tratto precedente molto probabilmente replicava questo, con spalletta a monte e leggero terrapieno a valle.

Qui, siamo ormai tornati a ridosso della provinciale che affiancheremo pochi metri più avanti dopo aver attraversato un altro terreno. Un'altra ampia curva ci discosta nuovamente dalla strada, che invece sale direttamente dopo un dosso; il tracciato supera questo dislivello guadagnando quota molto al di sotto della strada, attraversando la campagna. Qui il tracciato è visibilissimo e può essere individuato prima ad occhio, seguendo gli scalini nel terreno e poi anche attraverso i pali delle linee elettrica o telefonica. Avendo la possibilità di allontanarsi individuando dei punti panoramici, esso risalterà in maniera limpidissima osservando le differenze di colorazione dei terreni arati oppure i confini degli stessi. Accade ciò poiché molte porzioni di tracciato vennero all'epoca riscattate dai confinanti, ma altri rimasero, e lo sono ancora oggi, di proprietà AFA e quindi incolti. Numerose testimonianze raccolte affermano che ancora oggi, lungo molti tratti del percorso, durante l'aratura continuano a riemergere residui di ghiaie e brecce, costituenti il primitivo sedime ferroviario, volgarmente definita “massicciata”.

Il tracciato conclude la sua curva raggiungendo nuovamente la strada e dopo averla fiancheggiata per un breve tratto la incrocia scavalcandola proprio di fronte alla nuova caserma dei vigili del fuoco dove non vi era posizionato alcun casello, ma solamente un passaggio a livello incustodito; ciò probabilmente perché il treno correva a fianco di una strada praticamente rettilinea dove non erano presenti, al tempo, abitazioni, avendo così sgombra la visuale.

Centro Sportivo

Siamo ormai in vista delle palestre e ci arrestiamo incrocio della strada che porta all'impianto di atletica. Qui una serie di giardini impedisce di proseguire, ma pochi metri a fianco c'è una stradina che affianca il terrapieno; subito dopo c'è un terreno aperto prima di altre case; a questo punto possiamo continuare lungo il sentiero o lungo la Castiglionese e riportarci sul tracciato in fondo a via Marsala dove lo ritroviamo. Siamo ormai nei pressi del polo scolastico e gli uffici della provincia: il tracciato li fiancheggia proprio al lato della strada e con un breve tunnel in semicurva sottopassa viale Trento, scavalcando un secondo crinale e portandosi sul versante destro del fosso Vallescura.

Tunnel Viale Trento

E' questa la prima notevole opera d'arte che incontriamo lungo il percorso; si presentava completamente circondata dalla vegetazione e colmata da terra e rifiuti scaricati anche dalla strada soprastante. L'ingresso sud era completamente ostruito e per raggiungere il portale che guarda a nord vi era un'unica soluzione, cioè quella di calarsi lungo la trincea attraverso un giardino ma anche qui la vegetazione ed i rifiuti non facilitavano l'impresa. Giunti sul fondo ci si trovava di fronte il portale assai ben conservato ed all'interno (buio) molti reperti. Sul fianco del tunnel vi è una nicchia di ricovero, o quello che resta di essa poichè la gran massa di terra che ha ostruito l'interno ne lasciava visibile solamente l'arco superiore: dal soffitto della galleria appena sopra le nostre teste, pendevano ancora i supporti della linea elettrica con gli isolatori in ceramica. Procedendo si doveva iniziare la scalata del cumulo di rifiuti trovandosi lentamente vicino al soffitto della galleria; un esiguo pertugio lasciava penetrere la luce, ma l'uscita era praticamente impedita da terreno ed altri materiali accumulatisi negli anni. Riprendendo il senso di marcia mare–monti la vegetazione imponeva di risalire la trincea e attraverso il campo scendere su via Respighi.

Tunnel Viale Trento

Nell'estate del 2005, il tunnel è stato completamente bonificato ed oggi è possibile transitarlo nuovamente in entrambi i sensi di marcia. Si può così nuovamente ammirare anche la muratura di sostegno ed apprezzare, dalle evidenti tracce sulla parete, quale fosse lo strato di rifiuti che intasava completamente l'opera.

Purtroppo, dopo neanche cinque anni dalla ristrutturazione, l'opera ha iniziato a mostrare visibili cedimenti. Ciò accade mentre gran parte dei manufatti disseminati lungo il tracciato, ancor oggi ad oltre cento anni dall'inizio dell'esercizio e dopo quasi sessanta di incuria ed abbandono, mostrano una invidiabile salute di ferro. Ognuno tragga la propria morale.

Via Respighi

Raggiunta via Respighi la si percorre fino a raggiungere il casello n.4; anch'esso è stato abitato fino ad un tempo recente. Oggi, dopo essere stato abbandonato e lasciato come rudere è stato restaurato ma ha perso molto della struttura originale. Denominato in orario come “fermata Cimitero” (anche questa facoltativa) era posto a presidio della diramazione del tronco tramviario che da qui, iniziava l'ascesa.

Diramazione Tramviaria ("Tronchetto")

L'iniziale progetto della Ferrovia non contemplava affatto un ramo che penetrasse fin nel centro storico. Questi, lungo 2310 metri, vi fu inserito dopo numerose pressioni e polemiche a parziale risarcimento per la mancata elettrificazione. Al tempo la stazione di Santa Lucia era posta in posizione decentrata rispetto al centro città. Chi doveva recarsi a Porto San Giorgio, sentiva la mancanza di un collegamento diretto. Anch'esso, afflitto da continue riduzioni e tagli di corse condite da assurde non-coincidenze con la stazione FS ebbe una vita travagliata e piena di problemi. L'unico reperto notevole del tronco cittadino è la Galleria Vinci. Essa venne così chiamata poiché scavata al disotto della della villa, dell'omonima famiglia della nobiltà Fermana. Lunga circa 100 mt., permetteva di superare agevolmente il gomito tra via XX Settembre e viale Vittorio Veneto. Tale criticità fu risolta dopo vari studi e progetti. Alla dismissione della ferrovia il collegamento venne rimpiazzato da una linea filoviaria.

Il tratto della diramazione fu teatro di due incidenti, con morti e feriti.

Il tracciato tramviario risale lungo l’attuale via Respighi, l’inizio di viale Trento, porta San Francesco (5 minuti) e via Roma. Presso largo Ostilio Ricci era posta la fermata denominata “Orologio” popolarmente chiamata “La torretta” (6 minuti in ascesa, 4 minuti in discesa) e qui il 26 novembre 1930 la corsa discendente delle ore 8.35, per cause che non furono mai completamente chiarite, deragliò, precipitando nel sottostante vicolo; vi furono 8 morti ed 11 feriti. L’ascesa procedeva lungo via XX Settembre, superando il tornante con viale Vittorio Veneto, grazie alla “galleria Vinci” (9 minuti in ascesa, 6 minuti in discesa) e giungendo al capolinea dell’attuale largo Calzecchi -già largo delle Statue e largo Sottoprefettura- in prossimità di piazza del Popolo (al tempo piazza Vittorio Emanuele). Tale percorso era coperto in 11 minuti (per la corsa discendente 9 minuti). I tempi di percorrenza [orario 1942] da Porto San Giorgio al capolinea della Piazza erano invece di poco inferiori ai 30’ per entrambi i sensi di marcia. E’ da notare che le tre fermate (porta San Francesco, Orologio e galleria Vinci) sono ancora presenti ai giorni nostri: furono infatti mantenute anche dopo la dismissione della ferrovia ed il successivo avvento della filovia e, dopo che anch’essa venne, incautamente pensionata, continuano ad essere utilizzate dagli odierni autobus di linea. Un piccolo tributo alla memoria.

Strada Reputolo

Dalla fermata Cimitero il tracciato procede sulla destra lungo via Perlasca, transitando al di sotto di via Respighi, incrociando dopo poco la strada Reputolo. Fatti pochi metri lungo una stradina ci si deve però arrestare per la presenza di un canale di drenaggio oltre il quale vi sono delle recinzioni al cui interno si muove il tracciato.

Bisogna indietreggiare risalendo su viale Trento e raggiungerlo nuovamente scendendo da via Bellesi, lungo via Morale, al tempo un sentiero - mulattiera. Salendo nel campo soprastante, in corrispondenza di un tombino, il tracciato procede all'interno di un giardino dove è ancora presente il semirilevato. E' possibile, seguendo la recinzione, osservarne i resti all'interno. Al termine di questa, appena più avanti, rientriamo nel tracciato percorrendolo comodamente per un breve tratto fino ad incrociare la strada che scende da via Bellesi.

Via Bellesi

Dopo questo attraversamento è possibile ancora proseguire brevemente fino al punto in cui la vegetazione impedisce il passaggio. E' giocoforza quindi risalire su via Bellesi per ridiscendere sul tracciato più avanti.
Poco prima dell’incrocio tra via Bellesi, via Salvo d’Acquisto e la strada che scende dai parcheggi, bisogna entrare a destra in una stretta stradina che scende ripidamente fino ad una casa diroccata. Il tracciato lo ritroveremo nel campo appena a destra ma, anche qui, si tratta di pochi metri perché, appena più avanti, vi è un altro giardino che impedisce di proseguire; scendendo ancora lungo la stradina abbiamo alla nostra destra la spalla del terrapieno e più in basso una panoramica di quest'ultimo trattoo. Per raggiungere la stazione dobbiamo però, ancora, risalire. Questo tratto è visibile scendendo lungo via Salvo d'Acquisto, che è impostata proprio sopra l'antico tracciato ferroviario. Raggiungiamo finalmente la stazione di S.Lucia dopo circa 10 km da Porto San Giorgio fino alla quota sul livello del mare di 217 mt I primi convogli a vapore (1909) impiegavano ben 40 minuti per coprire la tratta, divenuti 22 con l’elettrificazione (che scendevano addirittura a 18 per la corsa discendente



Stazione di Fermo - Santa Lucia
[10,313 Km - 217,93 mt slm]

La stazione di Fermo, chiamata anche di Porta San Marco, oggi è compresa all'interno del tessuto urbano, ma fino agli anni '50 era praticamente situata al confine nord della città e gli unici accessi erano tramite l'odierna via Corridoni (spesse volte impraticabile) oppure da via Bellesi scendendo lungo una scalinata, composta da 70 gradini costruita successivamente. Questa zona a quei tempi era periferica e decentrata; per questo motivo si ritenne opportuno, con fiorire di polemiche e dibattiti infiniti, realizzare il tronco tranviario (da cui il nome di “tronchetto”) che raggiungesse quello che a quei tempi era l’effettivo “centro” di Fermo, effettuando il tanto agognato collegamento “rapido” con la stazione FS di Porto San Giorgio. A fianco della stazione vi è un un secondo fabbricato in cui aveva sede la direzione dell'esercizio attiva fino agli anni '70; è presente anche un piccolo chiosco, anch'esso utilizzato ancora a lungo oltre la chiusura della ferrovia, gestito da Modesto Remoli. Un vero gioiellino che mostra rifiniture anche abbastanza curate ed ancora resistenti al tempo. I due fabbricati principali versano oggi in stato di abbandono, mostrando evidenti cedimenti in ogni loro parte. Dove oggi vi sono i capannoni adibiti a rimessa per gli autobus, vi era al tempo la rimessa delle locomotive, ed in seguito, per i locomotori elettrici. La presenza della stazione, era fonte di divertimento per i bambini che abitavano nella campagna circostante. Spesso, per gioco, salivano di nascosto sulle ultime carrozze in manovra lasciandosi trasportare brevemente; a volte però, questi erano invece, convogli in partenza verso Amandola o Porto San Giorgio. Purtroppo, si accorgevano di ciò solamente quando il treno era oramai in uscita dal piazzale della stazione prendendo lentamente velocità. A quel punto non rimaneva che lanciarsi dalla carrozza rotolandosi giu per la campagna (lungo “lu jèmete”). Ma la stessa stazione poteva anche essere una risorsa. Durante la guerra infatti, sovente si riutilizzava il pesante velluto dei vecchi sedili dimessi per cucire cappotti ed il loro legno per le stufe. Altri sollazzi: tra ragazzi, in viaggio da Grottazzolina verso la spiaggia, in transito alla stazione, venne imposta una penitenza consistente nello scendere a bere presso la fontanella del piazzale. Sfortunatamente il treno, in ritardo, velocizzò la sosta ed il malcapitato non riuscì a risalire a bordo; addio mare! Avevamo già accennato al considerevole dislivello che comportava l’ascesa verso Fermo: siamo infatti, come già specificato, a 217 mt slm, quota che verrà eguagliata solamente in vista della stazione di Servigliano (228 mt) dopo aver percorso i 2/3 del percorso totale (37 km su 57).

Casello del Tirassegno

Procedendo ora lungo via Salvo d'Acquisto si incontra a presidio dell'incrocio del Tirassegno un'altro casello (n.5), anch'esso abitato fino ai primi anni del secolo. Fino alla fine degli anni ’70 l’attuale strada non esisteva; trovavasi soltanto campagna con un sentiero che era ciò che restava della sede ferroviaria dove era posato il binario. Il casello possiede un raro reperto, uno dei due rimasti lungo tutto il tracciato: un mascherone posto alla spiovenza del tetto. Questi erano collocati presso tutte le stazioni e caselli - probabilmente a mo' di buon auspicio.

Madonna del Ferro

Anche la strada successiva (via Cardarelli) venne aperta nella seconda metà degli anni '80 impostandola lungo il percorso ferroviario, fu realizzata per snellire il traffico da e per la "strada del Ferro".

La salita del ferro veniva quindi scavalcata con un piccolo viadotto che, vista la brevità dell'attraversamento, era formato da due semplici piloni distanti una decina di metri. Ne resta solamente uno; l'altro venne abbattuto quando, negli anni '90, si è realizzato l'attuale ponte. il quale, in pratica, ricalca il precedente, spostato solamente di un paio di metri. Il pilone oggi scomparso era sito proprio al centro dell'attuale rampa di salita; al disopra era poi posata una semplice soletta. Dall'interno del restante pilone sporgono alcuni tratti di binario usati come armatura durante una riparazione. Ancora una volta, anche a distanza di anni, la ferrovia mostra tutta la sua praticità e razionalità impegnando percorsi ottimali.

Il tracciato prosegue poi lungo l’attuale strada dove doveva trovarsi un rilevato ormai solo intuibile ed inizia a curvare verso sinistra. Qui oggi la strada sale e poi ridiscende con un notevole dislivello fino a raggiungere il casello n.6 posto all'incrocio con via XXV Aprile; il tracciato seguiva effettivamente l'attuale strada ma, studiando attentamente le quote e la carta topografica, si può affermare che all'inizio della curva a sinistra il rilevato mutava in una trincea che perdendo lentamente quota conduceva il treno all'altezza dell'attuale rotonda, di fronte al casello.

Negli anni '50, in questa zona, iniziarono i lavori di costruzione del nuovo Seminario. Molti operai dell'interno raggiungevano Fermo in treno; ma scendendo presso la stazione dovevano percorrere a piedi un notevole tratto di strada. Terminando qui la lenta ascesa presso il viadotto del Ferro, questi si portavano sull'ultimo vagone ed azionavano il freno di stazionamento. Saltavano dunque dal treno e lungo un breve sentiero si trovavano velocemente sul cantiere. Il treno quindi si trascinava per le ultime centinaia di metri fino in stazione dove ai ferrovieri (consapevoli?) non restava che sfrenare l'ultimo vagone.

Fosso Montericcio

Dal casello di via XXV aprile la discesa continua affiancando l'attuale bretella che porta verso via Diaz e con un'ampia curva che scavalca il fosso di Montericcio, il tracciato si porta sul versante opposto. L'acclività di cui abbiamo appena parlato è qui confermata; detta curva, anche se può non sembrare, fa compiere al tracciato un dislivello di ben 30 metri (!). Su questo versante vi è, nascosto tra la vegetazione, il resto di un muro di contenimento. Qui sono ancora chiari i resti del terrapieno completamente cancellato, nel primo tratto, dall'aratura, ma che comunque conserva ancora il gradino, ben visibile ponendosi sul versante opposto, ad un’adeguata distanza. Proseguendo oltre il tracciato è ancora ben conservato anche se per alcuni tratti difficilmente praticabile

Fosso Sant'Antonio

Al termine di questa ampia curva siamo ormai scesi di 30 mt giungendo a quota 150 mt ed iniziamo un'altra curva che ne farà perdere altri 30. Lasciamo alle nostre spalle il fosso di Montericcio e ci prepariamo ad aggirare il fosso di Sant’Antonio. In corrispondenza di un'abitazione, , posta al termine di via Italia, oltre al sentiero su cui era impostato il tracciato troviamo completamente intatto per una notevole lunghezza il muretto posto a monte della ferrovia, a consolidamento del versante che qui è abbastanza ripido. All'apice della successiva curva si è mantenuto, perfettamente conservato, anche il rilevato adoperato per scavalcare il fosso di S. Antonio. Portandosi sull'opposto versante che scende dalla strada Fontana 2, l'aratura ha cancellato i resti del tracciato, lasciandone solo qualche spezzone; il gradino di rottura è comunque ben visibile anche dopo oltre 50 anni. La discesa continua entrando in quella che oggi è una macchia facilmente percorribile e da cui se ne esce subito, nei pressi di una casa. Qui si incrocia il termine della strada comunale Fontana 2 che scende da via degli Appennini; inizia ora un lungo tratto in cui non vi sono più sentieri e bisogna cercare il tracciato attraverso la campagna, mappa alla mano, inerpicandosi tra scarpate e fossi.

Contrada Misericordia

Abbandoniamo la campagna e ritorniamo su di una stradina che prosegue quasi rettilinea sbucando sulla strada Fontana 1 che scende da via degli Appennini. Qui, per poche decine di metri, strada e tracciato ferroviario tornano a sovrapporsi fino alla successiva curva. A destra si ritorna sul fondovalle mentre avanti a noi, superata una sbarra, procediamo sul tracciato, oggi sostituito dal sentiero che sale verso una casa. Incrociamo un piccolo fosso ed un pozzo: qui si curva decisamente a destra entrando in un campo. Poco avanti si nota la macchia entro la quale ritroveremo il tracciato; dalla posizione in cui ci troviamo la prospettiva ci impedisce di visualizzarlo bene ma, se torniamo indietro, nei pressi della sbarra, noteremo senza difficoltà il gradino di scarpata ancora ben visibile puntare all'interno della macchia.

Molini di Tenna

Possiamo attraversare il campo o aggirarlo utilizzando la strada che scende trovandoci su di un piccolo rilevato con di fronte a noi una strada rettilinea, oggi usata come scorciatoia tra Fermo e Molini di Tenna; il tracciato dopo una curva a sinistra procede rettilineo mentre la strada continua piegando a destra in una ripida discesa; qui vi era un attraversamento ed infatti se si osserva attentamente è possibile notare la traccia della strada che continuava in salita, prosecuzione di quella che proviene dal basso. Questo incrocio fu teatro di un incidente mortale: il treno, appena partito dalla stazione di Monturano travolse ed uccise un ragazzo che, su di una lambretta, stava attraversando i binari. Procediamo e ci immergiamo nuovamente nel folto. Purtroppo sarà quasi impossibile raggiungere la stazione di Monturano calpestando il primitivo tracciato; infatti sarà sempre più difficile procedere: qui la macchia è veramente impervia e dopo poche decine di metri si rende obbligatorio anche aggirare alcuni piccoli smottamenti.
 
Guardando in basso ci si può rendere conto di essersi spinti ben oltre le scuole. Qui bisogna obbligatoriamente arrendersi, poichè la macchia si infittisce totalmente ed impedisce di proseguire, seppur per le poche decine di metri che ci separano dalla stazione. Si può tornare indietro o scendere in modo spericolato lungo la piccola scarpata a lato delle case che si trovano di fronte la chiesa di San Giovanni Bosco. Ora, subito dopo la chiesa ed i campi di calcio e tennis compare, dietro l'edicola, la stazione di Monturano - Rapagnano. Abbiamo ormai percorso quasi 16 chilometri e superato un dislivello di 358 mt (217 in salita + 141 in discesa); il 28% del percorso è alle nostre spalle. Da qui il treno procederà solamente in lenta salita fino a raggiungere i 486 mt della stazione di Amandola. Per eguagliare la quota della stazione di Fermo (271 mt) dovremo percorrere ben 20 Km, fino all'abitato di Servigliano. Ciò rende l'idea dell'acclività del percorso poc'anzi effettuato: i 10 Km di salita tra Porto San Giorgio e Fermo superano all'incirca una pendenza media, doppia rispetto a quella tra Monturano e Servigliano.

Contrada Fontana

Da qui, per alcune centinaia di metri, il percorso è stato completamente stravolto e può essere individuato solamente facendo un notevole uso dell'immaginazione. Dall'incrocio con la strada, divenuta ormai sentiero, che scende da via Fontana II, iniziava un breve tratto in trincea, oggi completamente colmata; infatti, proseguendo, siamo costretti a percorrere una leggera salita tra degli alberi sbucando poi al culmine di un versante in discreta pendenza. In basso a sinistra si intuisce nuovamente il tracciato che continua su di un terrapieno, oggi mozzato; qui ci troviamo effettivamente sul percorso, ma il tracciato passava alcuni metri più in basso dei nostri piedi, in una trincea, assai profonda, somigliante a quella tra il ponte del Ferro e via XXV aprile. Scendendo trasversalmente lungo il versante, verso il successivo terrapieno, è come se fiancheggiassimo la ferrovia camminando sul ciglio dell'antica trincea. La sua presenza è testimoniata, anche qui, dal riemergere, durante le arature, di resti di mattoni, blocchi di muretti e quant'altro; si racconta anche che furono necessari numerosi camion di terra per effettuare la colmata; tutto ciò per ricostruire l'omogeneità del versante e poterlo poi coltivare. La vista dal versante opposto chiarisce definitivamente la situazione, mostrando nitidamente l'accenno dell'incavo che il tempo non è ancora riuscito a cancellare. E' necessario, quindi, un discreto esercizio di fantasia per ricostruire questo breve tratto. Molti proprietari videro, dopo gli espropri, divisi in due i loro terreni, ma al momento della dismissione riscattarono il tratto di competenza della ferrovia ed iniziarono sia a colmare le trincee che a spianare i terrapieni per poter nuovamente riunire le proprietà; pochissimi sono quindi i tratti su terrapieno ancor oggi presenti.

In questa zona avvenne un grave infortunio durante le operazioni di disarmo, successive alla dismissione. I pali della linea elettrica che non si riuscivano facilmente a cavare dal terreno venivano, senza tanti complimenti, rimossi con piccole cariche di dinamite. Una miccia fu mal calcolata e lo scoppio investì in pieno un operaio che per poter avere soccorso dovette essere trasportato a braccia, fino alla strada in cima (via degli Appennini), lungo un ripido tratturo. Proseguendo, il rilevato che ora ci si presenta davanti è impraticabile per la vegetazione; la sua sommità, anche se non sembra, si trova solamente pochi metri più in basso rispetto all'incrocio precedente in fondo a via Fontana. Si continua quindi fiancheggiandolo dal basso iniziando la successiva curva.

A contatto con il rilevato, alla base del successivo versante, vi è un notevole muro di contenimento ottimamente conservato. Un piccolo tratto di muretto è invece presente un centinaio di metri più avanti, questo invece è posto al piede della sede ferroviaria. Qui, uno sbancamento che permette l’ingresso nel campo a fianco, ha probabilmente mozzato parte della sede ferroviaria. Si continua, con una lunga S, a perdere quota, in un tratto completamente occupato dalla macchia che abbiamo alla nostra destra. Ci troviamo sempre al piede del versante leggermente al disopra del tracciato o direttamente sullo stesso, qui la situazione, anche carta alla mano, è assai controversa. Siamo oramai scesi alla quota di 125 mt; ne abbiamo persi circa 100 dalla stazione di Fermo e ne mancano ancora almeno altri 50 prima di raggiungere, dopo circa 20 minuti di corsa, la stazione di Monturano, posta in località Molini di Tenna, proprio di fronte alla ex conceria.

Contrada Misericordia

Abbandoniamo la campagna e ritorniamo su di una stradina che prosegue quasi rettilinea sbucando sulla strada Fontana 1 che scende da via degli Appennini. Qui, per poche decine di metri, strada e tracciato ferroviario tornano a sovrapporsi fino alla successiva curva. A destra si ritorna sul fondovalle mentre avanti a noi, superata una sbarra, procediamo sul tracciato, oggi sostituito dal sentiero che sale verso una casa. Incrociamo un piccolo fosso ed un pozzo: qui si curva decisamente a destra entrando in un campo. Poco avanti si nota la macchia entro la quale ritroveremo il tracciato; dalla posizione in cui ci troviamo la prospettiva ci impedisce di visualizzarlo bene ma, se torniamo indietro, nei pressi della sbarra, noteremo senza difficoltà il gradino di scarpata ancora ben visibile puntare all'interno della macchia.

Stazione di Monturano
[15,967 Km - 77,43 mt slm]

La stazione è, come la maggior parte, di II classe; costituita da un fabbricato ad un piano, ha aggregato ad essa solamente il magazzino merci -sopraelevato- a cui si accede sia dall'esterno, mediante lo scivolo, che dall'interno tramite tre scalini. Anche se la stazione è denominata Monturano - Rapagnano e i due centri urbani distano entrambi da essa circa 10 Km, ci troviamo ancora in Comune di Fermo, proprietario del fabbricato; è questa una delle tre stazioni situate all'esterno dei rispettivi confini comunali. Le altre sono quella di Belmonte, in territorio di Montegiorgio, e quella di Montefalcone che è situata in territorio di Smerillo. Dalla stazione partiva un breve tronco che penetrava all’interno dell’ ex conceria (un linificio al tempo dell’esercizio della ferrovia): ponendosi alle spalle della stazione, di fianco all’edicola, si può notare il cancello in legno alla destra dell'ingresso. Anche questa stazione è stata iniziata ad un’opera di restauro che purtroppo non ha mantenuto l’originale cromatismo ed anche la tabella altimetrica è stata ricollocata malamente.
 
Anche questa stazione reca una traccia di storia bellica. Su di un montante del vicino pozzo è ancora ben visibile il segno lasciato da un proiettile esploso dalla mitragliatrice di uno Spitfire durante una delle numerose incursioni cui furono sottoposte tutte le strutture della ferrovia.

DA MONTURANO A GROTTAZZOLINA
[Lunghezza mt. 8.225 - Dislivello mt. 56,40 - Percorrenza 28 min.]  
[Prezzo tratta £4.00 – £11.00 PSGiorgio, £5.00 Fermo, £23.00 Amandola]

La particolarità di questo tratto (spezzato dal casello n.7) della lunghezza di circa 8 km - è di essere, tranne alcune leggere pieghe, completamente rettilineo. Ciò ha portato, all'atto della dismissione della ferrovia, ad impostare sul suo tracciato una strada - l'attuale provinciale Girola - che collega Molini di Tenna alla frazione Capparuccia ed a Grottazzolina. L'antica, ed unica, strada, che, con un percorso angusto e tortuoso, percorreva questo lato della Valtenna fino a Grottazzolina è oggi utilizzata come strada vicinale. Fino alle scuole della Girola procedeva a nord della ferrovia, poi sul lato opposto sino al casello della Girola, dove un altro attraversamento “a raso” la riportava ancora sull'altro lato sino a Grottazzolina. E' dunque comprensibile la scelta della "variazione d'uso" che ha mutato, al tempo, la sede ferroviaria in stradale.

Dal casello della Girola partiva il tratto maggiormente rettilineo: da qui si raggiungeva la stazione di Grottazzolina; attraversato l'abitato di Capparuccia, l'attuale strada si interrompe in corrispondenza dell'incrocio con la strada che scende da Montone mentre il tracciato ferroviario procede ancora rettilineo, fino al casello n.8, attraversando quella che oggi è la zona industriale di Grottazzolina dove ormai, nascosta tra le case, si rinviene la stazione.

Il casello della Girola

All'incrocio con la vecchia strada detta "lu vallatu", incontriamo a presidio il casello n.7 Girola-Val di Tenna, esattamente al confine con la frazione Capparuccia di Ponzano.

Sulla facciata lato binario si intuiscono ancora le lettere della scritta "Girola", mentre per rinforzare la scala sono stati utilizzati spezzoni di rotaia ed un chiodo di quelli utilizzati per bloccare le stesse alle traversine. Poco oltre la fermata si può apprezzare ancora oggi lo scalino del rilevato.

Capparuccia

Superato l’abitato della frazione di Capparuccia, un altro lungo rettilineo ci porta fino all'incrocio con la provinciale Montonese che scende da San Girolamo. Il tracciato procede ancora rettilineo oltre l'incrocio , incontrando dopo poche centinaia di metri il successivo casello (n.8), di Grottazzolina.

Zona industriale di Grottazzolina

L’incrocio con la strada Montonese viene oltrepassato e si procede sulla strada di fronte dove il tracciato prosegue il suo percorso rettilineo fino alla stazione di Grottazzolina: è possibile continuare a seguirlo, ma a piedi poichè la strada termina dopo pochi metri. Attraversato un terreno sbuchiamo nuovamente sulla strada provinciale, proprio di fronte al monumento a Papa Giovanni XXIII. Qui c’è un un altro casello, semplice ad un piano, a protezione dell’incrocio. Entriamo, sempre procedendo in linea retta, nel campo che abbiamo di fronte e dopo aver attraversato la zona industriale, percorrendo uno di questi sentieri si intravede la stazione di Grottazzolina

Stazione di Grottazzolina
[24,192 Km - 135,83 mt slm]

La stazione di Grottazzolina oggi è un poco malridotta, ma conserva ancora il comignolo del tetto, il lampioncino sopra l’ingresso e, al suo fianco, la latrina che si distingue da tutti gli altri fabbricati poiché di un color giallo carico. Anche se non sembra abbiamo guadagnato quasi 60 metri di quota rispetto alla stazione di Monturano. Il lato ingresso è ancora ben mantenuto, mentre il lato binari è aggredito dalle erbacce e l’interno del fabbricato è adibito a ripostiglio (se non a piccola discarica). Curiosità: dal 1942 qui aveva capolinea la seconda corsa ascendente, in partenza alle ore 7.27 da Porto San Giorgio. Chi durante la prima mattina avesse voluto da Porto San Giorgio raggiungere Grottazzolina, o qualsiasi altra stazione intermedia, aveva a disposizione una corsa ogni 90 minuti (6.00, 7.26, ed 8.50). Indubbiamente era, in quel periodo, quel che si dice una tratta “ben servita”. Ancora al giorno d’oggi, molti tra “i giovani dell’epoca”, ricordano bene alcuni tra gli addetti sia della stazione che della ferrovia come: Marzoni Giuseppe e Giancarlo Mercanti, conducenti; Spadoni Filippo, addetto alla manutenzione; Silenzi Giulio e Montagna Olimpio, controllori con il Capostazione Guerrino Leoni. Quella del Capostazione era una figura privilegio solamente delle stazioni più importanti, mentre nelle minori vi era solamente quella dell’”assuntore” e dell’”assuntrice” così denominati poiché il concessionario li assumeva a tempo determinato, per specifiche mansioni. Questi però venivano nobilitati dal popolo che li fregiava del titolo di “Capo” e di “Capessa”. Molte erano infatti le donne che lavoravano nella ferrovia.

DA GROTTAZZOLINA A MAGLIANO

[Lunghezza mt. 1.795 - Dislivello mt. 4,17 - Percorrenza 5 min.]  
[Prezzo tratta £1.00 – £7.50 PSGiorgio, £4.50 Fermo, £10.00 Amandola]

La tratta compresa fra queste due stazioni misura meno di 2 km; non è comunque tra le più brevi: tale record spetta al percorso Santa Vittoria – Monte San Martino che copre circa 1.5 Km. Il tempo di percorrenza, oscillante tra i 4 ed i 6 minuti è invece in assoluto il più breve tra tutti. Difatti, inizialmente, la stazione di Magliano non era prevista e fu realizzata solamente in seguito; difatti, essa non segue lo schema costruttivo degli altri fabbricati, differenziandosene notevolmente ed avendo una gemella solamente nella stazione di Belmonte. Si racconta che da Grottazzolina fosse possibile vedere il treno da Amandola in ingresso alla stazione di Magliano proveniente da Montegiorgio e che a quel punto correndo lungo la ripida strada di Fonterotta, almeno i più "fulminei", riuscissero ad arrivare in stazione insieme al treno. Questa breve tratta è interessante poichè al suo interno ricade il secondo ponte - per lunghezza - di tutta la linea: il primo dei cinque che attraversano il Tenna. Di esso rimangono solamente due arcate: una sulla sponda destra ed una sulla sponda sinistra, insieme a numerosi resti presso la riva destra e nel letto del fiume. Qui la linea descriveva una lunga S con un rettifilo e due curve a 90° che raccordavano i tronchi sui due lati del fiume. Prima e successivamente al ponte un lungo rilevato attraversava la campagna; alcuni resti sono ancora presenti ai piedi dell'arcata sulla riva sinistra. Dopo la dismissione della ferrovia, il ponte venne travolto da una piena

Grottazzolina

Dopo esserci portati sul lato di ingresso della stazione attraversiamo la strada entrando in un piazzale e, superata una staccionata, possiamo proseguire attraverso il campo che abbiamo di fronte; tranne alcune leggerissime variazioni stiamo ancora proseguendo in linea retta dalla stazione di Monturano, da più di otto chilometri. Attraversato il campo incontriamo il cortile di una casa: il tracciato passa esattamente al suo interno ed, incrociata la strada, entra nel terreno che si trova di fronte; qui inizia lentamente una lunga curva a quasi 90° per portarsi perpendicolarmente al fiume Tenna che veniva attraversato sul primo dei suoi tre maggiori ponti. Gli altri sono quello tra Piane di Falerone e Servigliano, il più lungo in assoluto, e quello alle porte di Amandola; altri due ponti, ma di lunghezze molto inferiori sono posizionati tra le stazioni di Santa Vittoria e Monte San Martino.

Ponte sul Tenna - sponda sud

Attraversata un'altra strada ed entrati in un campo dobbiamo procedere per un breve tratto prima di poter individuare in lontananza alcuni dei ruderi del ponte; in realtà, prima del ponte vero e proprio ve ne era un'altro che valicava il canale del vecchio mulino. Superato uno scalino ci troviamo innanzi all'unica arcata rimanente da questo lato del fiume; osservandola anche in lontananza, possiamo intuire la modalità costruttiva dei ponti detta "a sacco" che comprendeva una camicia esterna in muratura con un riempimento costituito da pietre e malta. Vicino si rinvengono altri ruderi e scendendo da li, per un sentiero verso il fiume, troveremo sia nei pressi della riva che nel suo letto numerosi altri resti dei blocchi che costituivano i piloni di sostegno e che conservano ancora le gronde di scolo dell'acqua piovana.

Ponte sul Tenna - sponda nord

Aguzzando lo sguardo scopriamo sulla riva opposta altri resti; qui dobbiamo necessariamente arrestarci per l'impossibilità di un guado. E’ assai più pratico raggiungere la seconda arcata rimasta partendo dalla stazione di Magliano, dopo aver attraversato il fiume sul ponte stradale posto più a valle. Saliti sull'arcata è possibile osservarne comodamente i particolari. Anche qui vi sono le gronde di scolo ed i perni di ancoraggio che spuntano dalla muratura; i particolari costruttivi sono ben evidenti, così come la struttura costitutiva dell'arco formata da mattoni di una misura non più prodotta. Al piede della struttura sono ancora presenti resti del terrapieno e del suo materiale costitutivo. Anche questo ponte fu minato dai tedeschi in ritirata, insieme a quello di Servigliano ma si riuscì a riattivare quasi subito il servizio il 3 marzo 1945. 

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Stazione di Magliano di Tenna
[25,987 Km - 140,00 mt slm]

Attraversato il fiume, il tracciato proseguiva rettilineo per quasi un chilometro piegando poi a sinistra con una curva di 90° per riportarsi parallelo tra il fiume e la Faleriense. Questo tratto di linea fu teatro del deragliamento di un treno merci carico di bestiame diretto ad una fiera. Mentre il treno impegnava la lunga curva, alcuni animali presi dal panico si spostarono dal lato sbagliato dei vagoni, sbilanciando l’intero convoglio. Al termine di questa curva era posta la stazione di Magliano, in località le Prese, dove oggi è posto un piccolo parco, proprio a fianco del segnale che indica le Piane di Montegiorgio. Ci troviamo al Km 22 VII della Strada Faleriense. Del tratto precedente, che partiva dal fiume e correva su rilevato si può solamente intuire il tracciato, oggi completamente cancellato dall'aratura. Per orientarci possiamo, entrati nel campo e guardando verso il fiume, individuare un traliccio bianco e rosso che spunta tra la vegetazione: il tracciato procede da quel punto verso di noi in linea assolutamente rettilinea.

Come accennato già in precedenza, la stazione, verso la fine degli anni '90 e rimaneggiata completamente nella struttura e volumetria è oggi trasformata in abitazione che lascia solamente intravedere la sua struttura primitiva; struttura che se volessimo osservare come in originale dovremmo spostarci solamente 4 km verso monte raggiungendo la stazione di Belmonte. Dalla stazione di Magliano ripartiamo dunque per un lungo tratto, pressoché rettilineo, che ci condurrà sino alla stazione di Falerone, in località Piane. Questa stazione, come le altre minori, non era dotata di un binario di parcheggio, parallelo a quello di marcia, ma solamente del tronco morto. Quindi, qualora si fosse dovuto sganciare un carro merci, bisognava attivare una particolare procedura. Il treno abbandonava il carro sul primo binario di parcheggio utile in una successiva stazione (in questo caso Montegiorgio), il quale veniva poi agganciato alla coda del primo convoglio proveniente da Amandola; giunto a Magliano, questi oltrepassato lo scambio, procedeva in retromarcia e, finalmente, lo parcheggiava sul binario morto da dove poteva venire scaricato, o caricato.

DA MAGLIANO A MONTEGIORGIO
[Lunghezza mt. 1.876 - Dislivello mt. 19,93 - Percorrenza 7 min.]  
[Prezzo tratta £1.00 – £8.50 PSGiorgio, £5.50 Fermo, £9.00 Amandola]

La stazione di Magliano, acquisita da privati, è oggi completamente rimaneggiata e poco conserva della sua originale architettura. Fino alla stazione di Montegiorgio c'è poco da segnalare se non che parte del tracciato è oggi compreso nel perimetro dell'ippodromo al cui interno però troviamo una bellissima sorpresa: il ponte sul Rio Berto che è stato completamente restaurato e dotato anche di una targa didascalica.. Una tra le poche note positive, purtroppo, nel panorama di totale abbandono. Anche la stazione di Montegiorgio veniva rapidamente raggiunta,in un tempo compreso tra i 4 ed i 7 minuti. Anche la stazione di Magliano, come molte altre, fu bersaglio di un attacco aereo durante la guerra in cui rimase ferita insieme alla madre, una “capessa”, la Totò.

Da Montegiorgio a Belmonte

[Lunghezza mt. 2.120 - Dislivello mt. 8,06 - Percorrenza 6 min.]  
[Prezzo tratta £1.00 – £9.00 PSGiorgio, £6.00 Fermo, £9.00 Amandola]

Un altro lungo tratto rettilineo ci porta alla stazione di Belmonte. Questa è un rudere cadente fino a poco tempo addietro ricoperto dalla vegetazione; oggi è iniziata un'opera di bonifica a cui sembra debba seguire un restauro conservativo.
Dalla stazione di Montegiorgio è impossibile, anche se brevemente, procedere lungo il percorso: e' questo un altro tratto impraticabile sui quali è impossibile seguire il tracciato nella sua sede reale o nelle sue immediate adiacenze. Ricordiamo i precedenti: incrocio con l'A14 presso Porto San Giorgio e, poco prima, la recinzione dell'ippodromo. Il tracciato corre attraverso la campagna parallelamente alla Faleriense incrociando le stradine che scendono verso Tenna e due fossi. In molti tratti sono ancora evidenti le tracce del rilevato, ormai spianato ed alcune stradine di collegamento impostate su di esso.
Lungo la pianura della Valtenna i tempi di percorrenza tra trazione a vapore ed elettrica si equivalevano; anche la stazione di Belmonte veniva raggiunta in 4-6 minuti circa. Anche qui, parliamo di “notevoli” velocità, comprese tra i 20 ed i 30 Kmh. Tanto che, un altro aneddoto narra di un viaggiatore ritardatario, diretto in Amandola il quale entrato nel piazzale binari vide partire l’ultimo treno utile e che in un disperato tentativo di inseguimento, abbia agguantato la bicicletta del capostazione e sia partito a razzo gridandogli: - Te la lascio a Belmonte!!!

Ippodromo

Del tracciato qui rimane solamente una breve strada che transita di fianco alle abitazioni e che, dopo pochi metri, si perde nella campagna. Potremmo anche attraversarla, ma non troveremmo nessun resto notevole e comunque, dopo poche centinaia di metri, saremmo costretti ad arrestarci bloccati dalla recinzione dell'ippodromo.

Il tracciato procede all’interno dell’ippodromo e per ritrovarlo è necessario portarci all'ingresso principale. Ci troviamo tra il Km 23 VI e 24 della Strada Faleriense. Entrati procediamo fino ad incontrare il fabbricato: ci troviamo ora sul tracciato che è oggi utilizzato dalla strada che corre parallelamente alla tribuna centrale; voltandoci alla nostra destra possiamo individuare, in fondo, il ponte che scavalca il Rio Berto, oggi posto al margine di una delle piste di riscaldamento. Avvicinandoci notiamo con sorpresa (e piacere) che esso è stato completamente restaurato ed anche dotato di una targa che ne illustra le generalità. Il ponte è ovviamente tronco e la quota del piano binario ci fa immediatamente rendere conto di quanto si elevasse il rilevato sul piano campagna e per quale motivo, all'epoca della dismissione della ferrovia, i proprietari riacquistassero subito tali particelle che separavano i loro terreni iniziando l’opera di spianatura. Incontreremo gli unici tratti di rilevato conservato come in origine solamente usciti da Servigliano, in zona Molino e poco prima della stazione di Montefalcone, tra i fossi di San Pietro e Cortegliano. Possiamo arrampicarci sul ponte e scavalcare il fosso scendendo nel campo successivo: in fondo notiamo un gruppo di costruzioni, tra le quali vi è la stazione di Montegiorgio. Volendo, è possibile procedere attraverso la campagna oppure tornare sulla Faleriense fino a raggiungere la rotonda successiva.

Stazione di Montegiorgio
[27,863 Km - 159,93 mt slm]  

Oggi restaurata fedelmente ed utilizzata come scuola materna, la stazione di Montegiorgio, posizionata presso la frazione delle Piane all'altezza della rotonda, è posta circa a metà del percorso a quasi 160 mt slm. Entriamo nel giardino della scuola trovandoci sul piazzale binari; alla sinistra del fabbricato notiamo una finestra quadrata: era questo il vecchio ingresso del magazzino merci. Le successive due porte sono rimaste come in origine mentre delle due finestre alla destra, solamente l'ultima era tale, la finestra più interna era invece una porta. Il colore è oggi giallo vivace, mentre fino a qualche anno fa era verde erba; nessuno dei due ricorda il colore primitivo, ovvero un rosso mattone abbastanza carico. Anche qui il tessuto urbano, oltre che la recinzione, ci impedisce di proseguire sul tracciato: siamo quindi costretti a ritornare sulla strada principale per aggirare le abitazioni.

Piane di Montegiorgio

Superata la rotonda, dopo un centinaio di metri al Km 25 della Strada Faleriense imbocchiamo e percorriamo via Torricelli fino ad incontrare una breve strada ad essa perpendicolare: è qui che nuovamente ritroviamo il tracciato. Alla nostra sinistra sono le case che ci impedivano il passo, mentre procedendo alla nostra destra scopriremo, in fondo tra gli alberi, un altro ponte; è possibile anche passargli a fianco e scavalcare il piccolo fosso trovandoci nei pressi di un'officina.

Anche qui l'altezza del ponte ci testimonia della presenza del rilevato. Di fronte a noi c’è ora un lungo tratto di rettilineo che conduce, parallelamente alla strada, attraverso i campi coltivati. Innanzi, perpendicolarmente a noi, c'è una strada con due filari di alberi incrociati dal tracciato. Da questo punto lo intuiamo ancora benissimo passare al bordo destro del successivo terreno dove l'erba lascia il passo all'aratura. Qui, al Km 25 VI proprio lungo la strada che conduce all'aviosuperficie, si rinviene un altro piccolo ponte che sorpassa il fosso che scende da monte. Dopo averlo attraversato possiamo vedere tra le piante una strada innanzi a noi: il tracciato le passa appena alla sinistra fino a fiancheggiare una cabina elettrica, pochi metri più avanti.

La Ferrovia AFA parte 1
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