Un piccolo calibro partito dalle colline di fronte
La facciata di un palazzo, crivellata da proiettili
I grattacieli di Alipašino. Il quartiere prende il nome da Hadim (eunuco) Ali-Pascià, governatore della Bosnia e di Budapest nel XV secolo
Fermata Dom Zdravlja-Kumrovec. Sarajevo è stata tra le prime, se non la prima città Europea in assoluto a disporre di una linea tramviaria. Fu inaugurata il giorno di capodanno del 1885. Oltre alle 7 linee tramviarie ve ne sono 4 di filobus e 9 di autobus
Lungo il Bulevard, verso il centro. Prima dell’assedio tutta la grande arteria, lunga oltre 8km, aveva nome Maršala Tita (Via del Maresciallo Tito). Oggi è ribattezzata Meše Selimovića nel primo tratto; Smaja od Bosne in quello centrale mentre il vecchio Maresciallo è ricordato nell’ultimo tratto a ridosso della città vecchia. A sinistra abbiamo Cengic Vila, più avanti Otoka e Dolac Malta.
Meše Selimović è uno tra i piu famosi scrittori Jugoslavi; la sua opera più conosciuta è Il Derviscio e la Morte. Smaja od Bosne (Drago della Bosnia) era lo pseudonimo di un nobile condottiero bosniaco Husein Kapétan Gradaščević che guidò una ribellione contro i turchi. Il nome venne scelto anche da una brigata d’elitè dell’Esercito Bosniaco (BH Armija).
L’incrocio di Cengić Vila. Alì Cengic Pascià nel XVII secolo conquistò la Dalmazia ed arrivò a minacciare anche la stessa Venezia.
Nei primi mesi del dopoguerra, senza semafori e controlli del traffico, gli 8km del Bulevard potevano essere coperti, dalla periferia al centro, in pochissimi minuti. Il percorso notturno poi, senza illuminazione, era, nei pressi degli incroci, una vera "roulette russa". Anche per questo motivo, il coprifuoco alle 22.00, venne mantenuto sino ai primi giorni del 1997. Farsi beccare comportava per gli "indigeni", passare una notte "al fresco", per gli stranieri, una multa di 50 Marchi.
Il mercato di Otoka. Famoso per la gran varietà di abbigliamento.
Una casa distrutta lungo il Bulevard (o Viale dei Cecchini). Siamo nelle vicinanze di Stup, il quartiere cattolico.
Verso Marijn Dvor lungo il Bulevard. A sinistra la Caserma Tito, dove all’inizio dell’assedio erano barricate le unità dell’ex Esercito Federale (JNA). Poi vi fu posto il comando IFOR/SFOR mentre oggi è sede di Facoltà Universitarie. Più avanti l’Holiday Inn e le due torri UNIS.
L'interno della Caserma Tito, dove, all'inizio dell'assedio rimasero asserragliate le truppe dell'Armata Federale (JNA). Queste erano formate anche da giovani soldati di leva di ogni nazionalità. Dopo una lunga trattativa si trovò l'accordo per la loro evacuazione dopo aver lasciato tutte le armi. Al momento del ritiro iniziò immediato un bombardamento dalle colline per cercare di distruggere le armi abbandonate mentre alcune unità cadevano in un'imboscata.
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Cimitero alla base della collina di Kovaci
Koševo. Il cimitero a fianco dello stadio olimpico (a sinistra). In fondo il padiglione della maternità frequentemente bersagliato.
Uno dei cimiteri nei pressi dello stadio Koševo.
Cimitero nel quartiere di Alifakovac. Il nome del quartiere deriverebbe da Alì Fakih, studioso del XV secolo.
La tomba di Admira e Boško, presso Groblje Lav: il Cimitero del Leone nei pressi del Koševo. I due ragazzi, nati entrambi nel 1968 e morti nel maggio 1993, vennero sepolti insieme dopo la fine dell'assedio. In fuga dalla guerra vennero abbattuti da un cecchino nei pressi del ponte di Vrbanja, rimanendo oltre una settimana abbandonati sulla strada poiché non si riuscì a stipulare una breve tregua. Vennero infine recuperati dai miliziani serbi e sepolti sulle colline.
Cimitero di Kovaci.
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I cimiteri del Koševo.
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Cimitero del Koševo. Sullo sfondo il Pronto Soccorso dell’ospedale.
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Moschea Begova
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Sinagoga Askhenazita e museo Ebraico. Edificata nel 1902; non è la Sinagoga storica che si trova nella Baščaršija. La presenza ebraica in Sarajevo data al XVI secolo. La comunità raggiunse nel momento di massimo splendore oltre 10.000 anime; oggi ne restano meno di 1000. Dal 1892 qui operò la Società Ebraica Culturale ed Educativa “Benevolencija” che durante l’assedio offriva pasti, assistenza, primo soccorso e medicinali a chiunque ne facesse richiesta.
Gli Ebrei si rifugiarono a Sarajevo dopo che, per mano dell’Inquisizione, nel 1492, con l’Editto di Toledo, furono cacciati dalla Spagna. Essi nutrirono sempre verso l’Islam un sentimento di riconoscenza per l’asilo trovato, per la libertà di professare la propria fede ed esercitare liberamente le loro professioni. A Sarajevo, inoltre, non venne mai istituito un ghetto. L’eredità degli Ebrei fuggiti dall’inquisizione si tramandò fino al XX secolo. Infatti dal Censimento Austroungarico del 1910 risultò che il 13,4% della popolazione di Sarajevo aveva come lingua madre lo spagnolo.
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Minareto della Begova Džamija.
Il piccolo cimitero storico della Moschea Begova.
Le tombe sormontate dal turbante sono sepolture maschili ed il tipo di copricapo ne indica il rango. Le sepolture femminili portano invece una decorazione floreale
Sullo sfondo di uno dei tanti palazzi di Dobrinja il Monte Igman (1500 mt.), una delle quattro montagne Olimpiche insieme a Jahorina, Bjelašnica e Trebević. Attraverso la pista dell’Igman tentavano di transitare i convogli in entrata ed uscita da Sarajevo, quando meteo e bombardamenti lo permettevano. Veniva spesso percorsa a piedi ed anche in inverno nonostante una spessa coltre di neve.
Parcheggio (non custodito) a Dobrinija. Oltre alle mitiche Zastava (prodotte dalla fabbrica di Kragujevac, presso Belgrado, che costruiva con licenza Fiat) l’auto principe a Sarajevo era (e rimane ancor oggi) la Golf. Presso il quartiere di Vogosa vi era infatti una fabbrica Wolksvagen.
Dobrinja. La trincea utilizzata per raggiungere la fontana del quartiere. La raccolta dell’acqua era un bersaglio favorito di granate e cecchini.
In gran fretta sono svanite le tue speranze
ed in cenere sono ridotte le tue ricchezze
Povero Popolo Jugoslavo, come ti hanno ingannato!
Qualunque cosa avessi scelto, chiunque avessi votato,
eri gia stato comunque condannato!
Milena Cubraković
Belgrado 1994
Dopo la fine dell'assedio a Sarajevo furono elencati come distrutti o danneggiati: 63 moschee; 40 masijd; 7 cortili; 4 mausolei; 14 monumenti islamici; 11 chiese cattoliche; 28 monasteri; 5 chiese ortodosse; 3 sinagoghe; 46 tra musei, teatri e ponti, 6 hotel; 60 edifici pubblici; 10 abitazioni di Imam; 127 palazzi pubblici e ville; 8 scuole; 4 parchi
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Sarajevo pag-1
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